Biografia


Una tappa del viaggio in Italia, 1949

Formazione e prima identità

Francesco Somaini nasce a Lomazzo (Como) il 6 agosto 1926. A dieci anni si trasferisce a Como con la famiglia e decide di dedicarsi alla scultura, sostenuto dal nonno industriale tessile comasco deputato al Parlamento tra il 1913 e il 1919, di cui porta il nome. Esegue i suoi primi lavori sotto la guida di Pietro Clerici, accademico di Brera. Frequenta il filosofo Franco Ciliberti, direttore della rivista e del gruppo “Valori primordiali” del 1938, vicino agli architetti razionalisti e ai pittori astrattisti comaschi. Nel 1944 ripara in Svizzera. Stabilitosi a Basilea, si iscrive come uditore all’Università (Facoltà di Lettere) e incontra diversi artisti, tra cui Meret Oppenheim che lo introduce ai fondamenti del Surrealismo.

Rientrato in Italia dopo la Liberazione, si forma con Giacomo Manzù presso l’Accademia di Brera dal 1945 al 1947 e collabora con la rivista “Sentimento” (1946), mensile di lettere e d’arte, nato dall’incontro di un gruppo di giovani riunitisi nel Gruppo dell’Arco (poi del Cerchio), di cui è uno dei fondatori. In questi anni entra in contatto con il filosofo Jacques Maritain, ambasciatore di Francia presso la Santa Sede. Ottenuto il passaggio dalla facoltà di Architettura del Politecnico a quella di Legge dell’Università di Milano e poi di Pavia, consegue la laurea nel 1949, anno in cui compie anche il primo viaggio di studio in Italia. Esordisce a livello nazionale alla Quadriennale di Roma nel 1948 con un grande bassorilievo ed espone per la prima volta alla Biennale di Venezia nel 1950 dove presenta la Bagnante (1948-49). Realizza bassorilievi, come la grande Crocefissione nel cimitero di Como (1948), una serie di nudi femminili e maschili, alcuni ritratti e crani animali.

L’artista al lavoro nel suo studio sul modello in gesso di Grande Motivo. Donna che legge, 1953 (foto Aldo Barilli, Milano)

Dialogo con l’Espressionismo plastico e il Cubismo sintetico. L’adesione al Concretismo

Voltosi all’astrattismo, già verso la fine degli anni Quaranta, Somaini avvia una profonda riflessione sulla scultura contemporanea d’oltralpe. Nel 1951 si stabilisce con la moglie Emilia Rusconi a Lomazzo dove apre il suo atelier e nascono i figli Luisa (1952) e Cesare (1954). Nel 1951 compie il primo viaggio di studio a Parigi. L’anno seguente partecipa al concorso per il Monumento al Prigioniero politico ignoto da erigersi sulle scogliere di Dover, vincendo il Premio Olivetti. Nella capitale francese incontra André Bloc, fondatore del Groupe Espace e direttore della rivista “Art d’aujourd’hui”, e critici d’arte come Léon Degand. Contatti che lo portano a esporre a Parigi nel 1954 al “Premier salon de la sculpture abstraite” presso la Galerie Denise René  e nel 1955 alla mostra del Groupe Espace “Première exposition international des matériaux et équipements du bâtiment et des travaux publics” al Parc de Saint Cloud, nonché ad aderire nello stesso anno al MAC-Espace. Nel 1957 partecipa alla “Exposition itinérante. Architecture contemporaine. Intégration des arts” e alla “Prima rassegna nazionale di Arte Concreta” alla Galleria Schettini di Milano. Nella prima metà degli anni Cinquanta inizia la collaborazione con gli architetti all’insegna della “integrazione delle arti”. Dopo l’esperienza con Ico Parisi per Villa Bini a Monte Olimpino (Cabala, presentata alla Quadriennale di Roma del 1951-52) e per il Padiglione di Soggiorno in occasione della X Triennale di Milano del 1954 (Grande motivo. Donna che legge), che ottiene la medaglia d’oro, avvia un’intensa collaborazione anche con Luigi Caccia Dominioni a partire dalla ristrutturazione della propria abitazione di Lomazzo. Nel 1954 partecipa alla Biennale di Venezia con Grande Guerriero in cemento. Carlo Ludovico Ragghianti si interessa al suo lavoro: lo invita alla “Mostra di 60 maestri del prossimo trentennio” a Prato nel 1955, ad esporre alla Galleria Strozzina di Firenze nel 1956 e al “Premio Internazionale di Scultura Città di Carrara” nel 1957. Nel 1956 partecipa alla Biennale di Venezia con due grandi conglomerati ferrici (materiale da lui brevettato nel 1955), Forza del nascere e Canto aperto, che ottengono l’attenzione della critica internazionale e pubblica la sua prima monografia con testi di Léon Degand e Mario Radice. In questi anni si interessano al suo lavoro anche Giovanni Carandente (“Scultura italiana del XX secolo” a Messina, Roma e Bologna nel 1957-58) e il giovane Enrico Crispolti che lo presenta alla personale tenuta alla Galleria La Salita di Roma nel 1957. Nello stesso anno è tra gli organizzatori della rassegna “Colori e forme nella casa d’oggi” a Villa Olmo (Como), dove espone dipinti e sculture, ed è attivo nella casa di Ico Parisi con Lucio Fontana e Fausto Melotti.  

Il periodo informale

Somaini raggiunge il successo a livello mondiale con la sala alla V Biennale di San Paolo del Brasile nel 1959, dove gli viene assegnato il 1° premio internazionale per la scultura, riconoscimento che gli apre il mercato negli Stati Uniti. Nel 1960 tiene una personale all’Italian Cultural Institute di New York promossa dalla Galleria Odyssia, che segue il suo lavoro fino ai primi anni Settanta, e presentata da Giulio Carlo Argan che definisce la sua opera “scultura del frammento: non del frammento di qualche cosa, del frammento in assoluto”. In occasione della sala alla XXX Biennale di Venezia pubblica una monografia con testi di Michel Tapié e Umbro Apollonio. L’anno seguente partecipa alla Deuxième Biennale de Paris dove riceve il Premio della critica francese. In questi anni la sua opera incontra il sostegno della critica e del collezionismo nazionale e internazionale. Interessato alla sperimentazione dei materiali, l’artista fonde le sue opere anche in ferro, piombo e peltro, che poi aggredisce con la fiamma ossidrica e polisce nelle parti concave, per accentuarne l’espressività. È il tempo delle Verticali, delle Orizzontali, delle Oblique, dei Martiri, dei Feriti, dei Racconti, delle Figure di fuoco e delle Memorie dell’Apocalisse, serie presentate nelle varie personali allestite alla Galleria Notizie di Torino, alla Galleria Odyssia di Roma e New York, alla Galleria Blu di Milano e nelle più importanti rassegne in Italia, in Europa e negli Stati Uniti. Durante il periodo informale sue opere entrano di conseguenza nei più importanti musei europei e statunitensi, dal MoMA di New York alla GNAM di Roma. Con la serie delle Proposte per un monumento, una delle quali viene realizzata a grande scala a Baltimora nel 1970 (anno in cui colloca a Rochester e Atlanta altri lavori monumentali, ancora legati al periodo informale), Somaini comincia a riflettere sulla funzione della scultura nel contesto urbano, tema che diviene centrale nell’evoluzione della sua poetica a partire dalla stagione successiva. In questa linea di ricerca si collocano anche la sua partecipazione al Concorso per il Monumento alla Resistenza di Cuneo nel 1962-63, dove collabora con Ico Parisi e Lucio Fontana, e la realizzazione del Monumento ai Marinai d’Italia di Milano del 1965-67, condotta con Luigi Caccia Dominioni. Nella prima metà degli anni Sessanta inizia a sperimentare una tecnica personale di intaglio diretto, praticato mediante l’uso del getto di sabbia a forte pressione, che diviene componente fondamentale del suo linguaggio plastico.

L’artista intaglia con il getto di sabbia a forte pressione il modello in gesso di Carnificazione di un’architettura: grande martirio, 1976  (foto Enrico Cattaneo, Milano)

Scultura, architettura e contesto urbano

Conclusasi la stagione informale, Somaini si dedica lungamente al disegno che prelude alla realizzazione di sculture caratterizzate da forti valenze simboliche, dove forme organiche sono poste in continuo rapporto dialettico con volumi geometrici di impianto architettonico. Alcune di esse costituiscono l’installazione ambientale del Grande Retablo della vita e della morte (1967-69). Seguono cicli di alta visionarietà come quello delle Carnificazioni di un’architettura (1974-76), accompagnate dalla realizzazione di fotomontaggi di contestualizzazione fantastica nello skyline di New York e presentate da Giulio Carlo Argan nella personale antologica di Salisburgo (1974). Nella convinzione che la scultura debba svolgere un ruolo di riqualificazione del tessuto architettonico della metropoli moderna – maturata durante le esperienze compiute a grande scala in Italia e negli Stati Uniti – l’artista formalizza le proprie idee a livello teorico e utopico in una serie di studi progettuali pubblicati nel 1972 in Urgenza nella città, scritto a quattro mani con Enrico Crispolti. Seguono interventi e progetti che si inseriscono nella riflessione sul rapporto tra scultura, architettura e contesto urbano, dal grande intervento plastico realizzato per la facciata della chiesa di Santo Spirito a Bergamo (1972), all’installazione proposta a “Volterra ’73”, alla progettazione di matrici e tracce da esse generate per Operazione Arcevia (1975-76) e per il Controprogetto per la Königstrasse di Duisburg (1978), esposti alla Biennale di Venezia del 1976 e del 1978. In quest’ultima occasione lo scultore presenta le prime Antropoammoniti, matrici scolpite che, lasciando un’impronta in divenire, sviluppano e rivelano in tracce monumentali un’immagine criptica ad esse affidate in negativo, e alcuni fotomontaggi che documentano la loro destinazione. Questa nuova ricerca plastica, che riprende la tecnica dell’anamorfosi, viene sondata in numerose occasioni espositive, in opere monumentali come l’Anamorfosi Bargellini (1984) e nell’ambito di azioni. Matrici, talora realizzate in marmo rosa del Portogallo, e tracce vengono presentate nell’antologica al Wilhelm-Lehmbruck Museum di Duisburg nel 1979 e nella personale all’Orto Botanico di Lucca nel 1980.

Nel suo atelier Somaini verifica gli scavi ottenuti con il getto di sabbia nell’elemento negativo in marmo di Porta d’Europa, 1995 (foto Bruno Fasola, Appiano Gentile (Como)

L’ultima stagione

A partire dalla metà degli anni Ottanta, Somaini si volge nuovamente all’esecuzione di opere a grande dimensione in Italia e in Giappone (Grande Scultura alata, 1998). In alcune di queste la dialettica dell’impronta lo porta alla trattazione di forme in positivo/negativo, come nella Stele spaccata di Tuoro sul Trasimeno (1986), nel Monumento ai Caduti di Ridracoli a Capaccio di Santa Sofia (1994) e nella Porta d’Europa di Montano Lucino (1995). Attraverso la ripresa del mito, l’artista avvia le serie delle Fortunie, delle Menadi, delle Leucotee, delle Lotte con il serpente e delle Baccanti, caratterizzate da una organicità prepotentemente vitalistica e sviluppate anche a grande scala in opere di notevole impegno, realizzate in marmo intagliato con il getto di sabbia a forte pressione, come Fortunia I (1988), Fortunia III (1992), Grande Leucotea (1993-97), Grande Lotta con il serpente (1993-98) e  Fortunia Vincitrice (1997-2000). Opere in parte proposte nell’antologica allestita nel Palazzo di Brera a Milano nel 1997, nella Quadriennale di Roma del 1999, nelle Biennali di Carrara del 1998 e 2000 e nell’antologica al Castello di Pergine del 2000. Negli ultimi anni lo scultore affianca sempre più l’attività disegnativa a quella plastica. Nel 1999 pone mano a una grande serie di opere su carta che riprendono in chiave fantastica i miti e le leggende sviluppatisi attorno all’Etna, rivisitati anche attraverso la lettura di Catasto magico di Maria Corti (1999). Partecipa ad alcune importanti mostre, come “Arti e Architettura, 1900-2000” curata da Germano Celant al Palazzo Ducale di Genova (2004), “Scultura Italiana del XX secolo” alla Fondazione Arnaldo Pomodoro e “Annicinquanta. La nascita della creatività italiana”, Palazzo Reale di Milano (2005). Costretto a sottoporsi a regolari trattamenti di dialisi, muore a Como il 19 novembre 2005. Due anni dopo, la Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma gli dedica la prima retrospettiva postuma: “Il periodo informale 1957-1964”.